martedì 2 ottobre 2007

Valencia, la Cattedrale apre gli archivi del Graal

Il prezioso calice d'agata rossa dove avrebbe bevuto Gesù è al centro del dibattito. Ora gli studiosi potranno accedere a nuovi documenti sulla reliquia

Da Madrid Michela Coricelli

Un tesoro avvolto nella nebbia del mistero, un simbolo rincorso nei secoli, sfuggito a incendi e battaglie. Il Santo Graal custodito nella cattedrale di Valencia è uno dei sacri calici più venerati, forse quello che gode di maggiore fama fra gli studiosi: per molti esperti si tratta della vera coppa utilizzata da Gesù e dai suoi discepoli nell'ultima cena. Ma sul prezioso calice di agata rosso scuro, non ci sono certezze: servono approfondimenti, nuove ricerche. La cattedrale valenciana - che conserva il Santo Graal dal 1437 - ha appena aperto i suoi archivi perché si possa studire questo meraviglioso oggetto (di 17 centimenti di altezza) ricco di segreti e di storia. La prima analisi scientifica risale al 1960, e assicura che il calice è stato realizzato con una pietra di origine mediorientale all'epoca di Cristo. Più approfondita la riflessione di Manuel Sanchéz Navarrete (1994), dedicata alla storia, alle leggende e alla tradizione che si intrecciano intorno al Graal di Valencia.
Quattro anni fa un professore di Etica e Sacre Scritture, Salvador Antuñano Alea, pubblicava una nuova indagine. «Se Indiana Jones avesse visitato Valencia - sostiene ironicamente l'autore - non avrebbe fatto caso a vecchie leggende medievali, e avrebbe risparmiato tutti i rischi corsi nel film "L'ultima crociata"». La storia della coppa custodita in Spagna è realmente avventurosa. La tradizione vuole che il Graal sia stato trasportato da San Pietro a Roma, e poi sia passato nelle mani dei Papi della Chiesa per oltre due secoli. Quando l'imperatore Valeriano scatenò la persecuzione dei cristiani, Papa Sisto II - poco prima di diventare martire - lo consegnò al suo diacono Lorenzo, perché lo mettesse in salvo. Il discepolo lo inviò a Huesca, in Spagna: nel punto in cui fu nascosto, fu fondato il monastero di San Giovanni della Peña. Di mano in mano il Santo Graal arrivò ad Alfonso il Magnanimo, che lo affidò alla cattedrale valenciana nel 1437. Nel 1808, con l'invasione francese, il Graal rischiava di diventare bottino di guerra, e fu nascosto ad Alicante da un anziano sacerdote. L'ultimo grande pericolo, nel 1936, in piena guerra civile spagnola: la coppa sacra fu messa al sicuro in un paesino lontano da Valencia, prima che i repubblicani incendiassero la cattedrale.
L'ultimo lavoro dedicato al calice di Valencia è del tedesco Michael Hessmann: «Nessuno può dimostrare con sicurezza che si tratta dello stesso recipiente che Gesù Cristo utilizzo nell'ultima cena - dichiara lo storico -, è una questione di fede». Ma come esperto, Hessmann non può evitare di apportare nuove prove: sarebbe fondamentale la "misteriosa iscrizione" di cui parla Von Eschenbach nel suo "Parzival" (1200-1210). L'unica reliquia in cui sia stata ritrovata un'iscrizione nella base - sostiene lo studioso - è quella di Valencia. Per gli archeologi il calice spagnolo è stato fabbricato in Palestina o in Egitto, fra il IV secolo avanti e il I dopo Cristo. Nel 1982, durante la sua visita a Valencia, Giovanni Paolo II lo definì una «traccia del passaggio di Cristo sulla terra».



Tratto da 'Avvenire', Giovedi 29 maggio 2003

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