venerdì 28 dicembre 2007

San Lorenzo mettea Firenze in mostra il suo tesoro


Un articolo tratto da Toscana Oggi sul tesoro custodito presso la Basilica di San Lorenzo a Firenze.

E. Baccarini
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Questo sabato 1° dicembre 2007 (ore 11), nei locali brunelleschiani sotto la Sagrestia vecchia della Basilica di San Lorenzo a Firenze (ingresso dal chiostro), viene inaugurato il nuovo allestimento museale del «Tesoro di San Lorenzo». Interviene il cardinale Ennio Antonelli, arcivescovo di Firenze. L’esposizione permanente del «Tesoro», che si apre al pubblico dalle ore 15, propone attraverso una quarantina di opere databili tra il XIV e il XIX secolo, uno spaccato del patrimonio di arredi liturgici e di reliquiari di pertinenza della Basilica laurenziana (nella foto, il reliquiario dei santi Marco Papa, Amato abate e Concordia martire, eseguito dall'orefice Cosimo Merlini il Vecchio su disegno di Giulio Parigi, 1622).

Nel vecchio magazzino ora trovi il «Tesoro»

di Ludovica Sebregondi

Un magazzino abbandonato usato anche per fiere di beneficenza: a questo era ridotto il grande vano dove è stato allestito il Tesoro della Basilica di San Lorenzo. L’ambiente ha importanza fondamentale nella storia del complesso poiché – costituendo le fondamenta della Sagrestia Vecchia – fu una delle prime parti edificate da Brunelleschi dal 1422. Il grande pilastro centrale che sostiene le volte a crociera ribassate, costituisce la struttura portante dell’intero ambiente, e assume anche una straordinaria valenza simbolica, poiché sorregge – nella soprastante Sagrestia – la tomba di Giovanni de’ Medici (primo mecenate della famiglia che la Sagrestia aveva fatto costruire) e di sua moglie Piccarda Bueri. Ai lati del sepolcro, nel pavimento, furono anche predisposte due sepolture, una per gli uomini, l’altra per le donne del casato. Quando nel 1467 il corpo di Cosimo il Vecchio fu inumato all’interno del pilastro all’incrocio del transetto con la navata, in un monumento realizzato da Andrea del Verrocchio, fu riproposta la valenza funeraria del pilastro che sorregge la Sagrestia Vecchia, da quasi un quarantennio mausoleo familiare: un assetto che sottolinea l’appropriazione medicea degli spazi del complesso fin dalle radici. In ambedue i casi la posizione è straordinariamente significativa anche perché sotto una cupola e davanti all’altare, collocazione riservata in antico ai martiri cui l’edificio era dedicato. Anche Donatello, legato da stretta amicizia a Cosimo, fu sepolto per volere del suo mecenate nei sotterranei in prossimità della tomba di lui, ed è oggi possibile, visitando il Tesoro, ammirare sia il monumento a Cosimo che la memoria donatelliana.

Col tempo si è perso questo alto significato simbolico dell’ambiente sotto la Sagrestia Vecchia, soprattutto dopo che nel Cinquecento il Capitolo lo concesse quale sede alla Compagnia del Santissimo Sacramento. Gli scopi del sodalizio – comuni a tutti i gruppi laicali legati alle parrocchie – erano principalmente connessi alle processioni con le quali l’ostia consacrata era portata ai malati della parrocchia, al trasporto dei defunti e alla partecipazione alle cerimonie solenni. Gli affreschi della volta e delle lunette dell’oratorio sono stati realizzati nel 1733 dal confratello Giovan Filippo Giarrè, mentre non resta nulla degli arredi, poiché la confraternita fu soppressa da Pietro Leopoldo nel 1785, e le opere vennero disperse. La compagnia venne ripristinata nel 1790, e ancora all’inizio del Novecento contava più di millecinquecento ascritti.

L’ambiente oggi, dopo il nuovo allestimento, ha riacquisito la dignità a lungo perduta, recuperando anche il rapporto ideale con la soprastante Sagrestia Vecchia, permettendoci così di osservare da vicino le radici di San Lorenzo, l’antichissima basilica fondata nel 393 e che riallaccia la sua storia alle origini di Firenze.

Dinanzi allo scrigno delle meraviglie

di Elisabetta Nardinocchi

Oro, argento, smalti, pietre dure, cristallo di rocca e pietre preziose: questi i materiali rari e di grande pregio che nel corso dei secoli sono stati lavorati dagli artisti fiorentini per dare vita a suntuosi arredi liturgici e a monumentali reliquiari per la basilica di San Lorenzo a Firenze. Chiusi per secoli negli armadi delle cappelle della chiesa e nei mobili della canonica, sono ora visibili al pubblico grazie all’allestimento permanente di una sala interamente dedicata al Tesoro di San Lorenzo, recuperata nell’ampio sistema dei sotterranei della Basilica.

Molti i motivi per andare a visitare questo prezioso scrigno, che arricchisce i già tanti possibili itinerari artistici che San Lorenzo offre.

Innanzi tutto vi è la bellezza delle singole opere, circa quaranta, databili in un lungo arco di tempo che si snoda dal Trecento (periodo al quale risalgono una serie di eleganti reliquiari in cristallo di rocca con smalti) per giungere all’Ottocento con vari e non meno belli arredi d’altare. E ancora, vi è l’importanza degli artisti che questi preziosi materiali hanno lavorato esprimendo al meglio la loro arte.

Basti pensare all’intenso Crocifisso in argento e argento dorato realizzato intorno al 1444 da Michelozzo di Bartolomeo per rifondere la chiesa di un più antico crocifisso rubato due anni prima, quando era stato prestato per allestire una cappella privata per re Renato d’Angiò nel palazzo della famiglia Bardi, dove questi era stato ospitato. O guardare la monumentale cassa reliquiario (larga più di due metri) destinata ad accogliere i sacri resti dei santi Marco Papa, Amato e Concordia martire, realizzata nel 1622 con, sul fronte, una immagine del granduca inginocchiato sullo sfondo di una nitida veduta della Firenze del tempo. E ancora riflettere sui livelli di assoluto virtuosismo con i quali sono stati lavorati i trionfi di pietre dure che arricchiscono buona parte degli altri reliquiari seicenteschi, realizzati all’interno dei laboratori istituiti dai Medici per servire alle esigenze della corte, ma spesso attivi per le principali chiese cittadine a cui i vari membri della famiglia erano legati.

Ed è questo il secondo motivo che rende di estremo interesse ciò che nel Tesoro è esposto, cioè la capacità di queste opere di raccontare lo stretto legame tra la città, i Medici e la basilica di San Lorenzo, com’è noto assunta sotto la protezione della famiglia fin da quando Giovanni di Bicci (padre di Cosimo il Vecchio) aveva deliberato di contribuire in modo determinante alle spese della nuova costruzione brunelleschiana, identificandola in pratica come chiesa della famiglia e luogo privilegiato sia per i matrimoni sia per i funerali dei propri membri.

Momento centrale di questa vicenda sono due episodi in assoluto di grande rilievo per la storia di tutta la città, legati alle donazioni di papa Leone X (al secolo Giovanni de’ Medici figlio di Lorenzo il Magnifico) e di Clemente VII (al secolo Giulio de’ Medici). Per rendere ancor più evidente il patronato della famiglia sulla Basilica e al tempo stesso esaltare la propria storia e consolidare il proprio potere, questi trasferiscono alla chiesa tra il 1516 e il 1532 (dopo aver fatto erigere da Michelangelo Buonarroti un adeguato spazio sulla controfacciata provvisto di un affaccio da cui mostrare al popolo tali doni) uno straordinario insieme di reliquiari di inestimabile valore, sia per la sacralità dei corpi santi che custodiscono, sia per il valore artistico e storico dei vasi che ne determinano la custodia, già appartenuti nella maggior parte a Lorenzo il Magnifico e realizzati in pietre rare e preziose. Proprio per il loro straordinario valore queste opere, se sono passate per lo più indenni attraverso quattro secoli di storia, sono state anche in parte requisite per essere esposte nei musei (il nucleo più rilevante è oggi visibile nel Museo degli Argenti a Palazzo Pitti), non senza compensare la Basilica con altri oggetti d’arte, sempre di committenza medicea e provenienti dalle cappelle private dei loro palazzi.

Ed è proprio con reliquiari provenienti da Palazzo Pitti che si determina il nucleo più significativo del tesoro che oggi viene esposto, legati a committenze ora di Cosimo III ora di Ferdinando II, ambedue ossessionati dal culto delle reliquie e pronti a sperimentarne tutte le possibili varianti per custodirle in magnifiche teche, in sintonia con il gusto seicentesco in cui non può esistere bellezza se non strettamente unita a una spettacolarità tesa a destare la meraviglia nello spettatore così come nel fedele. È in questo contesto, ad esempio, che nasce il reliquiario dei Santi Fondatori che viene qui esposto, caratterizzato dalla presenza di una serie di statuette a tutto tondo di santi in pietre dure, azionato da un meccanismo che consente alla struttura di ruotare per poterla osservare in tutte le sue parti e far muovere i vari santi come in un vero e proprio teatrino meccanico.

In questi anni l’oro, l’argento e gli altri materiali preziosi sono usati in variazioni sempre nuove, a ribadire quanto al tempo doveva essere credo diffuso, cioè che quanto più il materiali fosse raro e difficile da lavorare, più sarebbe piaciuto a Dio.

E c’è da ringraziare che tale credenza fosse così radicata al tempo visto che, potendo disporre i potenti di allora dei mezzi necessari per acquistare quanto di più raro ci fosse in commercio, e di artisti e artigiani capaci di trasformare i materiali più difficili in figure, maschere ornamentali e capricci decorativi di puro diletto esecutivo, ci ha lasciato opere d’arte di grande bellezza e suggestione.

Con l’esposizione di queste quaranta opere possiamo dirsi interamente svelato quanto San Lorenzo ha custodito segretamente nel corso dei secoli, e completato un itinerario avviato nel lontano 1945, quando una prima parte del tesoro era stata resa visibile nell’allestimento di alcune vetrine nelle sacrestie della Cappella dei Principi, che ancor oggi forniscono l’altro fondamentale percorso per avvicinarsi alla storia della chiesa, al tempo stesso luogo di culto e scrigno prezioso dell’arte fiorentina.

Note sull'allestimento
L'idea del nuovo spazio espositivo è nata nel 2004 con la creazione di un gruppo di lavoro capace di integrare conoscenze e competenze storiche e progettuali. In questa fase progettuale ci si è concentrati sull’allestimento di un ambiente sottostante la Sagrestia Vecchia brunelleschiana, già utilizzato dalla Confraternita del SS.Sacramento. L’idea progettuale è scaturita dall’analisi dello spazio prescelto: la sala dell’ex Confraternita del SS. Sacramento sembra essere infatti la proiezione sul piano interrato dei puri volumi superiori, quasi a costituirne le radici. Inoltre la sala appare caratterizzata dalle figure geometriche del quadrato e della croce che ricorrono nella forma generale, nelle crociere e nel grande pilastro centrale, pernio statico e distributivo del volume, e nell’allineamento degli elementi di imposta delle volte al centro delle pareti. Si sono progettate vetrine che, per dislocazione, forma, materiali e finiture possono dialogare e tessere relazioni con lo spazio architettonico, posizionandole sulle pareti con una distribuzione cronologica partendo da sinistra entrando. I materiali utilizzati e i trattamenti superficiali eseguiti infatti interagiscono con quelli degli elementi del contenitore architettonico, e istituiscono un significativo contrasto con quelli delle opere esposte. Nel disegno delle vetrine si manifesta chiaramente la struttura portante in ferro patinato, la parte inferiore con cartelle finite a calce e patinatura assimilabile a quella delle pareti, la parte superiore caratterizzata da una grande superficie vetrata, in modo da concedere piena visibilità alle opere, lo zoccolo di base in legno e la modanatura del coronamento che alludono a una foggia classica. I piani espositivi ed i pannelli di fondo sono rivestiti in tessuto di raso di color rosso vivo a costituire quinta tonale per le opere in argento, mentre boccole orientabili a fibre ottiche illuminano i piani espositivi, per una corretta conservazione delle opere e per una resa ottimale dei colori. L’illuminazione di fondo della sala è ottenuta attraverso gruppi di lampade alogene celate nei comparti superiori di alcune vetrine in modo da indirizzare i fasci di luce verso le volte con effetto di luce riflessa, non prevaricante sull’illuminazione interna delle vetrine.

Antonio Fara
Per saperne di più
Il nuovo museo, nato da un’idea di Elisabetta Nardinocchi, è cresciuto per il lavoro suo e di Ludovica Sebregondi, insieme ad Antonio Fara che ne ha curato l’allestimento. La realizzazione si deve al forte contributo morale di Edoardo Speranza e al concreto sostegno dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. La Parrocchia di San Lorenzo, nella persona dei suoi parroci, monsignor Angiolo Livi e monsignor Fabrizio Porcinai, ha sostenuto fermamente il progetto. Il Museo nasce anche grazie all’Opera Medicea Laurenziana nel centenario della sua fondazione. Il catalogo è edito da Mandragora.

Orari
Il Tesoro della Basilica di San Lorenzo viene inaugurato il 1° dicembre e sarà aperto tutti i giorni feriali dalle 10 alle 17 e la domenica (da marzo ad ottobre) dalle ore 13,30 alle ore 17. Il costo del biglietto – comprensivo della visita alla basilica – è di euro 3,50; l’ingresso è gratuito per i residenti nella provincia di Firenze con documento d’identità valido. L’ingresso è dal chiostro.
28/11/2007 - 17:57

mercoledì 19 dicembre 2007

L'Associazione di Vecinos La Torre presenta una discussione sopra il Santo Graal


L'associazione di Vecinos La Torre de Torrent ha organizzato una conferenza pubblica dal titolo ‘Il Santo Graal, mito o realtà’. Incaricato di disvelare agli astanti il mistero di questa famosa leggenda è stato il presidente dell'Istituto Spagnolo di Sindonologia, Jorge Manuel Rodríguez.
Il ciclo di conferenze organizzato da questa associazione continuerà dal prossimo 25 gennaio con la visita di Teresa Puerto Ferrer che parlerà dell'educazione e dello sviluppo.
Rodriguez ha, nel passato già analizzato il tema approfondendolo in riferimento al Santo Calice conservato presso la Cattedrale Metropolita di Valencia. Per chi fosse interessato rimandiamo qui al file PDF della sua relazione.

Fonte - HORTA, 18 Dicembre 2007

giovedì 13 dicembre 2007

Il Cardinale García-Gasco suggerisce di "cercare la santità" per alleviare i drammi umani


El cardenal arzobispo de Valencia, Agustín García-Gasco, alentó a "buscar la santidad" por parte de los laicos para "aliviar los dramas de la soledad y el abandono de muchas personas", y se refirió a los "niños concebidos y no nacidos, víctimas del crimen del aborto en España", así como a las mujeres "víctimas de la violencia machista", según informó el Arzobispado en un comunicado.

García-Gasco se expresó en estos términos durante la homilía en la misa que presidió como clausura de las I Jornadas sobre Santidad Seglar Contemporánea en España, en la capilla del Santo Cáliz de la Catedral de Valencia.

El cardenal destacó que "la aspiración a la santidad nos lleva particularmente a luchar contra toda forma de desprecio de la vida". En esta línea, incidió en que "buscar la santidad no significa por tanto rechazar el mundo y cuanto en él hay de bueno ni encerrarse en uno mismo para encontrarse solo con Dios, olvidando a los demás" porque, en su opinión, esta búsqueda "no puede significar nunca salir de la historia y retirarse en el rincón privado de la propia felicidad".

El purpurado explicó que "buscar la santidad" significa "promover la libertad religiosa, cada vez más restringida en nuestra sociedad; una auténtica cultura de la paz a través de una amplia obra educativa, destinada a derrotar la antigua cultura del egoísmo, la rivalidad, el atropello y la venganza, y a promover la cultura de la solidaridad y del amor al prójimo".

Según el purpurado, también en la actualidad, "en medio de las dificultades del momento presente, el Señor nos invita a la santidad". Al respecto, precisó que las revoluciones y los proyectos políticos que "pretenden implantar una sociedad, como si Dios no existiera, sólo conducen al fracaso".

"Los laicos en la España contemporánea están llamados a emplear todas sus mejores energías y capacidades para instaurar y extender el Reino de Cristo entre los hombres", remarcó García-Gasco, quien advirtió de que "una difundida mentalidad en el mundo actual nos invita a confiar solo en las estructuras del mundo, en las realidades materiales, en la ciencia positiva, como si Dios estuviese al margen de nuestra historia personal y colectiva".

En este caso, lamentó que la vida cristiana "quedaría encerrada en los templos, y comprimida en la interioridad de las conciencias", por lo que subrayó que "no podemos dejar que esa mentalidad se difunda entre nosotros".

Las jornadas sobre santidad seglar, organizadas por la universidad CEU Cardenal Herrera y la Asociación Católica de Propagandistas, contaron también con la participación, entre otros, del prefecto de la Congregación de las Causas de los Santos, el cardenal José Saraiva, y del cardenal valenciano Ricard Maria Carles, arzobispo emérito de Barcelona, quienes pronunciaron el lunes sendas conferencias.

PANORAMA-ACTUAL - 12/12/2007

lunedì 10 dicembre 2007

Che cosa è l'Eucarestia


Per i cristiani Eucaristia o Eucarestia (che i protestanti usano chiamare Santa Cena), termine derivato dal greco (eucharisto: rendimento di grazie) è il sacramento istituito da Gesù nell'imminenza della sua morte, durante l'Ultima Cena. Il Nuovo Testamento narra l'istituzione dell'eucaristia in quattro versioni: Matteo 26,26-28; Marco 14,22-24; Luca 22,19-20; 1Corinzi 11,23-25.

Gesù, nell'Ultima Cena, diede ai suoi discepoli il pane ed il vino come suo corpo e suo sangue, perché lo facessero "in memoria di me". Dunque, fin dalla sua origine, l'atto sacramentale dell'eucaristia rappresenta l'azione sacrificale-conviviale che la Chiesa celebra per comando del suo stesso Signore.

SIGNIFICATO DELL'EUCARISTIA
Fin dall'origine, la riflessione sull'eucaristia ha conosciuto grande ricchezza dottrinale.

L'eucaristia è strettamente collegata con la Pasqua del Signore, con la morte e risurrezione del Cristo. Il fatto fondamentale che collega i due avvenimenti è l'ultima Cena: fondante l'eucaristia e annunciante la Pasqua.

Non è solo il fatto che l'ultima Cena di Cristo si ponga cronologicamente in corrispondenza di essa a porre in relazione la Pasqua ebraica con la Cena stessa e quindi con la Pasqua del Signore, ma si può trovare l'attualizzazione della prima nelle seconde: come l'alleanza con Dio sul monte Sinai è stata suggellata con il sangue di un sacrificio, così Gesù dice: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue.

San Paolo scrive: "Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice voi annunziate la morte del Signore finché egli venga". È necessario soffermarsi in modo particolare sulla comprensione dell'eucaristia come memoriale (anamnesi): questo termine nel contesto biblico - quindi con il termine ebraico "zikkaron" - indica azioni rituali riferite ad un evento (salvifico) passato in grado di attualizzarlo, rendendolo presente ai celebranti nelle sue stesse dimensioni salvifiche, e proiettandolo anche verso il futuro.

Nella cena pasquale ebraica, consistente in azzimi ed erbe amare, si assiste dunque alla attualizzazione della liberazione dall'Egitto e degli eventi dell'esodo stesso.

E nella concezione memoriale le confessioni cristiane trovano consenso nell'affermazione: "L'eucaristia è il memoriale di Cristo crocifisso e risorto, cioè il segno vivo ed efficace del suo sacrificio, compiuto una volta per tutte sulla croce e ancora operante in favore di tutta l'umanità" (Battesimo, eucaristia, ministero, documento ecumenico di Lima, 1982).

L'intero complesso della celebrazione eucaristica (e dunque liturgia della parola e liturgia eucaristica) è il memoriale di tutto il mistero di Cristo, centrato nella sua morte e risurrezione; vedremo che la preghiera eucaristica è pervasa dal tema del memoriale, in modo particolare.

Strettamente legata alla persistenza dell'opera salvifica del sacrificio del Signore sulla croce è la presenza reale del Signore nelle specie eucaristiche, che si compie per transustanziazione della sostanza del pane e del vino in sostanza del corpo e del sangue di Cristo. La Chiesa cattolica insegna che ogni eucaristia, in quanto memoriale dell'evento sacrificale di Cristo, è attualmente sacrificio: la Chiesa lo prende come dono del Signore e ne fa il suo sacrificio. Per questo i fedeli sono invitati ad offrire se stessi a Dio in ubbidienza e devozione: perché come ancora san Paolo scrive: "chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini sé stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna".

In quanto invocazione dello Spirito Santo, nell'eucaristia la Chiesa si rende disponibile alla sua azione nel mondo per perpetrare nel tempo l'opera evangelica di Gesù.

In quanto comunione alla Cena del Signore, nell'eucaristia i fedeli trovano il fondamento, la fonte ed il vincolo dell'unione fra loro e con Cristo.

Per i cattolici la stessa Messa è effettivamente la rinnovazione dell'ultima Cena (ovvero la sua continuazione in una Comunione di Santi che unisce i presenti alla Messa a chi è morto cristianamente prima di loro) e nell'eucaristia il sacerdote come "Persona Christi" trasforma (come fece Gesù) l'ostia e il vino nel corpo e nel sangue del Cristo.

Anche per le professioni protestanti l'Eucaristia è un sacramento e viene riaffermata la presenza reale di Cristo, ma si nega ( o si riduce ad opinione privata) la transustanziazione, in favore della consustanziazione: ciò fu affermato anche per legge dal Parlamento inglese, che approvò nel 1673 il Test Act, l’editto con cui viene dichiarata illegittima l’Eucarestia Cattolica e la Transustanziazione.

La Hermandad del Santo Cáliz di Valencia presenta a Siviglia le immagini centrali del suo nuovo paso dell'Ultima Cena

Un'opera sull'Ultima Cena per las calles del Marítimo nel 2012

Il Cristo della Santa Cena, opera dell'artista sivigliana Lourdes Hernández, sarà esposto dall' 8 dicembre nell'a Chiesa de los Terceros

Sevilla - 07/12/2007
La Hermandad del Santo Cáliz de la Cena, accolta nella Semana Santa Marinera, ha mostrato a partire, da sabato 8 de dicembre scorso, l'immagine centrale del suo nuovo paso dell'Ultima Cena nella sacrestia della Cheisa de los Terceros di Sevilla, sede della Cofradía de la Cena de Sevilla.
L'immagine del Cristo della Sagrada Cena costituisce una parte di un ambizioso progetto scultoreo iniziato dall'Hermandad de la Santo Cáliz en 2006 e che sarà concluso nel 2012. L'opera sarà composta dalla figura di Cristo e dei 12 apostoli e costituirà l'opera di maggiori dimensioni di tutta l'Archidiocesi di Valencia.

Fonte - La Pàsion Digital, 7 dicembre 2007